La chiesa e il monastero della Madonna dell'Alto a Butera e l'annesso sito archeologico inedito
Fig. 1
I resti della cappella di Santa Maria dell'Alto visti da est
Lo storico Vito Amico, nel 1858, scriveva che re Guglielmo il Buono (re di Sicilia dal 1166 al 1189) aveva stabilito dei monaci cistercensi nel convento di Santa Maria dell'Alto, che sorgeva sul vertice di un colle a un miglio da Butera, dove ai suoi tempi rimanevano ancora <<vestigia di celle, cui cui però intera rimane unita la chiesa>> [1]. La chiesa rurale ai tempi di Amico era, dunque, ancora intera e occupata dai Frati minori del convento di San Francesco di Butera. Dalla studio di Salvina Fiorilla apprendiamo che la chiesa tra il 1166 e il 1156 era alle dipendenze di San Bartolomeo di Lipari e che dal 1209 il priore di Santa Maria dell'Alto si chiamava Pagano; quest'ultimo, per mandato del vescovo di Patti, concedeva terre della chiesa di Santa Maria de Buturio (che si trovava all'interno del paese presso il castello) a dei privati borghesi per piantagioni di viti [2].
I dati storici di Vito Amico furono riportati da Arcangelo Boscaglia nella sua opera su Butera, non aggiungendo null'altro [3]. Seguì le orme di Vito Amico anche un altro storico locale di Butera, Carmelo Tabbì, il quale si limitò pure a riformulare quanto precedentemente pubblicato [4]. Sia Boscaglia sia Tabbì asserirono che la chiesa non esisteva più. In pratica, la chiesa rurale era ancora in uso nel 1858 (testimonianza di Vito Amico) e nel 1980 era inesistente (testimonianza di Boscaglia e Tabbì). Cosa è, dunque, accaduto dal 1858 al 1980? E, soprattutto, la chiesa è davvero sparita assieme alle vestigia di celle dell'annesso monastero?
Per rispondere a queste domande, è stato effettuato un sopralluogo in data 03 novembre 2024. Sul posto (coordinate:37°12'03.2"N 14°10'19.8"E) troviamo ancora i resti delle celle del convento e, soprattutto, il rudere della cappella di Santa Maria dell'Alto (figg. dalla n. 1 alla n. 4). Il punto in cui essa sorge lo ricaviamo osservando le curve di livello e la quota 482 dell'altitudine della cartina pubblicata da Guido Scichilone nella sezione "Archeologia" in appendice all'opera di Boscaglia (fig. 5) [5]. Il convento ha una superficie maggiore rispetto alla cappella e le sue pietre sono state probabilmente saccheggiate per costruire i vicini casolari. Le celle sono ricoperte dalle pietre del crollo, tuttavia con la dovuta ripulitura sarebbe ancora possibile portarle alla luce (figg. dalla n. 6 alla n. 9). I muri della cappella ormai sono quasi rasi al suolo, ma sono ancora ben leggibili e, soprattutto è ancora quasi integra la volta che copre un ambiente ipogeo forse usato per le sepolture. Si intravedono, di fatto, dei colatoi. Anche in questo caso, occorre una semplice ripulitura per poter potare alla luce il sotterraneo della cappella. Si è, insomma, ancora in tempo per salvare un monumento normanno, che può ancora offrire tanto agli occhi sia degli studiosi sia dei turisti. Il complesso era probabilmente circondato da delle mura (figg. 10 e 11).
Un ulteriore motivo per cui vale la pena di valorizzare e sottrarre all'incuria un simile patrimonio è dato dalla presenza di un sito archeologico sull'altipiano di monte Alto. Si tratta probabilmente di una città antica, almeno medievale in base all'osservazione dei frammenti fittili che affiorano qua e là. Si notano pure frammenti di ceramica sigillata, forse databile tra il I e il II secolo d. C., e brandelli di macine in pietra lavica. Carmelo Tabbì, ad ogni buon conto, ha scritto che Santa Maria dell'Alto fu abitata dai Sicani, non specificando null'altro. Di certo, a comprendere che sull'altipiano vi sia stata una città sono stati anche degli ignoti tombaroli che hanno lasciato tracce recenti di scavi clandestini, effettuati con una piccola pala meccanica. Eppure l'altipiano è pienissimo di mura sia di terrazzamenti sia di probabili fortificazioni e di case pubbliche e private (figg. dalla 12 alla 15). Sul versante nord del monte si possono, inoltre, notare delle probabili torrette di guardia, due o forse tre (fig. 16). Sulla parte più alta del monte si può assistere a una strepitosa vista su Butera e sulla costa sud della Sicilia. In passato, i buteresi hanno innalzato la Santa Croce che, ad oggi, si trova a terra, spezzata. Accanto ad essa, qualche spiritoso proprietario di pala meccanica ha messo su un dolmen (fig. 17): un inganno per inesperti turisti o storici? Si constata, infine, che il sito archeologico del monte Alto molto probabilmente è inedito: di fatto non è stato menzionato nemmeno nell'approfondito saggio su Butera scritto da Rosalba Panvini [6]. Anche nella cartina tematica archeologica contenuta come allegato in tale pubblicazione non vi sono segni o simboli su monte Alto (fig. 18).
Si auspica che sia il sito sia il complesso religioso siano finalmente valorizzati e protetti.
Fig. 2
Particolare dei resti della cappella di Santa Maria dell'Alto: l'ambiente ipogeo
Fig. 3
I resti della cappella di Santa Maria dell'Alto visti dal convento
Fig. 4
I resti della cappella di Santa Maria dell'Alto visti da ovest. Sullo sfondo a destra: i ruderi del convento
Fig. 5
Stralcio della cartina pubblicata da Guido Scichilone nella sezione "Archeologia" in appendice all'opera di Arcangelo Boscaglia. La freccia rossa indica li dati riferiti alla cappella.
Fig. 6
I ruderi del convento di Santa Maria dell'Alto
Fig. 7
I ruderi del convento di Santa Maria dell'Alto, particolare
Fig. 8
I ruderi del convento di Santa Maria dell'Alto, particolare. A destra si nota un barbecue realizzato recentemente con le pietre del convento
Fig. 9
Fig. 11
Muro di cinta del convento e della cappella: particolare di una mangiatoia
Fig. 12
L'altopiano del Monte Alto che fu sede di un centro abitato almeno medievale
Fig. 13
L'altopiano del Monte Alto: vista su Butera
Fig. 14
Particolare di un muro di un edificio imponente sull'altipiano di monte Alto
Fig. 15
Ruderi di un antico edificio sull'altipiano di monte Alto
Fig. 16
Note
[1] Vito Amico, Dizionario topografico della Sicilia, Editore Di Marzo, 1858,vol. I, p. 173.
[2] Salvina Fiorilla, Butera: abitato e territorio nel medioevo. Note preliminari ad un'indagine archeologica, in: Sicilia archeologica, Azienda Provinciale Turismo Trapani, 93-94-95, anno XXX 1997, pp. 170 e 173.
[3] Arcangelo Boscaglia, Butera, Storia - Arte - Folklore - Notizie, Nocera Editore, San Cataldo, 1980, p. 53.
[4] Carmelo Tabbì, Butera nella Storia, Editore Moderna, 1993, p. 143.
[5] Boscaglia, op. cit. p. 84. Nell'opera non si specificano i crediti della mappa: sembra essere una cartina dell'I.G.M., ma non si sa in quale data è stata pubblicata, probabilmente negli anni Settanta.
[6] Rosalba Panvini, a cura di, Butera dalla preistoria all'età medievale, Tipolitografia Paruzzo Caltanissetta 2003.
Autore: Filippo Salvaggio
Ringraziamenti
Ringrazio il brigadiere in congedo Pietro Curcuruto per l'ottima compagnia durante i sopralluoghi e per l'aiuto; ringrazio inoltre il prof. Salvatore Lisi, il prof. Guglielmo Borgia e il prof. Francesco Strazzanti per il supporto.
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