Il castello e la cittadella fortificata di Aidone nel medioevo

    

Fig. 1

Resti del castello normanno di Aidone, visti da sud.


    Della città di Aidone nel medioevo, a livello architettonico e urbanistico, ad oggi, si hanno pochi cenni. Il castello, in particolare, giace ancora immemore con le sue sbrindellate rovine non indagate da scavi archeologici (figg. n. 1 e 2). Ma la memoria non è completamente persa: una fonte bibliografica del 1695 ci offre degli indizi rilevanti riguardo alla sua forma originale. Un certo Domenico Guglielmini nel suo testo a stampa, recuperato nella Biblioteca Ursino Recupero di Catania, descrive i terribili effetti del terremoto del 1693 a Catania e nella Sicilia orientale e, en passant, offre lo scenario della devastazione di Aidone. Eccone le parole: <<Aidone Città del Signor Co(n)testabile Colonna piange à caldi sospiri la sua notabile rovina. Molto assai ella patì negli edificij. Precipitarono due intieri quartieri, con la perdita di molte persone. Nel quartiere di S. Lorenzo rovinò sfrantumata la Chiesa maggiore, titolare del sopra cennato Santo; Il Monastero di S. Caterina da Siena tutto squarcciossi in rovine, le cui moniali, che in esso commoravano veggonsi ricettate trà la selva dè PP. Cappuccini, avendo perduta una sola conversa; coll'averne disotterrate due vive da sotto quei precepizij. Cadde anco il Castello con la sua antichissima Torre, e molti altri Templij, col no(n) restarvi nel sudetto quartiere abitazione veruna. Nell'altro appellato di S. Giacomo in prospetto del Levante, precipitó la Chiesa della Nunziata, e suo oratorio. Provarono l'istessa sciagura quelle di S. Biagio, e di S. Giacomo, col precipitare anco buona parte quella di S. Antonio Abbate. Nel rimanente della Città, ch'è situata più nel basso, morirono alcune persone, con le rovine ancora di molte case, e frà l'altre cadde tutta distesa sul suolo la Chiesa di S. Leone Papa, ed anco gli fè compagnia il Tempio de PP. Domenicani. Il bellissimo Convento de P. Reformati osservanti, ch'era il più apprezzabile tra loro nella Provincia, e molte altre fabriche di considerazione minacciano rovina>> [1]. Da questa testimonianza si traggono due dati: il primo riguarda il fatto che il castello crollò in seguito al terremoto di fine Seicento; il secondo è che il castello aveva una sola torre. Se si assume quest'ultimo dato, si può avanzare una prima ipotesi di ricostruzione, anche osservando le attuali vestigia. Le mura di cinta sono ancora oggi leggibili; uno, quello ad est in particolare, è ben eretto e presenta una breccia. Se si percorrono le mura attorno al castello, si notano a nord e a ovest rispettivamente un baluardo e una garitta (figg. n. 3 e 4). Dove si trovava la torre citata dal Guglielmini? Addossati al muro di cinta sul lato est, si possono leggere i resti di una struttura a base quadrangolare: era questa la torre (fig. n. 5)? Si deve, comunque, considerare che essa è posta verso est a dominio dell'ampia valle, che digrada verso la pianura di Catania, luogo probabilissimo di provenienza dei nemici (fig. n. 6). La torre era, dunque, probabilmente addossata al muro di cinta, lato est, del castello. Per cercare di ricostruire la mole di quest'ultimo, si devono considerare i grossi brandelli, che campeggiano al centro della porzione di terra circondata dalle mura di cinta (fig. n. 7). Una prima osservazione ci fa dedurre che due di questi sembrano essere appartenuti a un'enorme volta, forse a botte: la sala d'Armi? Se così fosse, il castello normanno era costituito da una grande sala d'armi posta sulla parte più in alto e al centro di una piazza d'armi nella quale campeggiava una torre a base quadrangolare addossata al muro di cinta posto a est (fig. 8). Ovviamente queste semplici deduzioni non possono essere date come certe: si ribadisce, dunque, la necessità di uno scavo archeologico e di ulteriori studi chiarificatori. Utile potrebbe risultare l'osservazione dei resti dell'antico castello (così viene definito in mappa), disegnati nella pianta del Catasto Borbonico (1847-1851) [2]. Tra le poche linee riportate, all'incirca corrispondenti con gli attuali brandelli di mura, è interessante notare quella che, solitaria, si trova a est con orientamento est-ovest: tale muro probabilmente è andato distrutto nell'arco di quest'ultimo secolo e mezzo (fig. 9). Per il momento, ci si deve accontentare delle fonti bibliografiche e nel presente lavoro se ne offre un'altra.

    Sul castello di Aidone scrisse lo storico Giuseppe Buonfiglio Costanzo che, nel suo libro di storia della Sicilia, narrò la vicenda della conquista della città da parte di Roberto d'Angiò nel 1299: <<Fatto questo il Duca Ruberto mosso il campo si fermò per tre giorni alle vigne di Cattania, aspettando che Vigilio Scordia gli desse ingresso nella città per tradimento, il che non avvenne, per la vigilanza et il valore di Blasco Alagona, perché andò a combattere il castello di Aidone, governato da Giovenco degli Uberti: costui poi che si vidde l'essercito nemico intorno, fece animo a Terrieri et esortolli a mantener la fede qual doveano al Re loro, et egli si rinchiuse, et ferrò nella Rocca, havendo prima ben bastionata la porta del Castello detto Benaco, dove a forza d'argano ascero i Francesi un'acceso pino per brugiarla; ma quanto furono costoro valorosi nell'assalto di giorno, tanto s'avilirono nella venente notte, perché si resero mal grado di Giovenco, il quale anch'egli provvide fuggendo alla sua salute. Con questa fortunata corsa si spinse il Duca Ruberto per tentare l'antico Plocio>> [2]. Traduzione: Dopo aver fatto ciò (distrutto la cittadella fortificata di Chiaramonte n.d.r.) il Duca Roberto d'Angiò, dopo aver messo in moto l'esercito, si fermò per tre giorni in contrada Vigne a Catania, aspettando che Virgilio Scordia lo facesse entrare a tradimento nella città; ciò non avvenne a causa dell'accortezza e del valore di Blasco d'Alagona, per cui spostò il fronte della guerra verso la città fortificata di Aidone, governata da Giovenco degli Uberti. Quest'ultimo, dopo che si vide circondato dall'esercito nemico, incoraggiò gli abitanti e li esortò a rimanere fedeli al loro re (Federico III d'Aragona) e si rinchiuse e asserragliò nella rocca (castello), avendo prima ben chiusa la porta d'ingresso alla città fortificata, chiamata "Benàco", che i francesi bruciarono con un tronco di pino acceso a mo' di torcia e portato su con una serie di argani. Ma gli aidonesi furono tanto valorosi nel rispondere all'assalto durante il giorno, quanto esausti nel difendersi durante la notte, quando si arresero malgrado gli ordini di Giovenco, che dovette fuggire per salvarsi. Dopo questa fortunata impresa, il Duca Roberto D'Angiò avanzò verso Piazza Armerina per assediarla.

    Da questo brano dello storico messinese emergono almeno tre dati. Primo fra tutti è il fatto che la città di Aidone era circondata da mura inespugnabili, di fatto l'esercito di Roberto d'Angiò per entrare nella cittadella aveva come unica soluzione quella di bruciare la porta d'ingresso [3]. Il secondo dato riguarda la presenza di una sola porta di accesso, che veniva chiamata "Benàco". Tale nome ci rimanda all'antico toponimo del lago di Garda e ci offre un interessante spunto di ricerca storica. Nell'osservare l'impianto urbano di Aidone, si potrebbe dedurre che l'antica unica porta d'ingresso si è conservata fino ad oggi: si osservi e consideri, in merito, il portale (fig. n. 10) che dalla via Vittorio Emanuele, tramite un corridoio coperto, conduce in piazza Umberto I [4]. Del resto, tale portale si trova nell'area che  lo storico Enrico Caruso ha già all'uopo individuato [5]. Il testo dello storico secentesco, Buonfiglio Costanzo, infine, riabilita la figura di Giovenco degli Uberti il quale, contrariamente a quanto è stato scritto, non tradì la città ma la difese fedelmente e valorosamente per un giorno. Solo in seguito alla superiorità militare di Roberto d'Angiò, il Capitano fuggì per aver salva la vita, ma suo malgrado.

    Tra i vari possessori del castello di Aidone il più importante fu, come evidenzia la storica Alessandra Mirabella, Enrico Rosso, conte di Aidone: <<Enrico è il più potente uomo politico e militare del Medioevo e accentrava in sé le più alte cariche del Regno: Grande Almirante, Gran Cancelliere, Gran Giustiziere Stratigoto di Messina>>[6].

    Non rimane che auspicare ulteriori studi per riabilitare un patrimonio importante oltre che suggestivo per il contesto preminente in cui si trova e ulteriori sopralluoghi o indagini per rintracciare le antiche mura di cinta, così difficili da espugnare militarmente, ma non da distruggere incivilmente.

    


Fig. 2

Particolare dei resti del castello normanno di Aidone, visti da sud.



Fig. 3

Muro di cinta posto a est con breccia e, a destra, resti di una struttura a base quadrangolare addossata ad esso. Sullo sfondo, baluardo e garitta.



Fig. 4

Muro di cinta posto a est con breccia e, a destra, resti di una struttura quadrangolare addossata ad esso.



Fig. 5

Resti di una struttura a base quadrangolare addossata al muro di cinta posto a est.




Fig. 6

Panorama della vallata ad est che digrada verso la pianura di Catania. Si possono notare altresì, i resti di un muro di cinta o di un terrapieno difensivo.



Fig. 7

Resti del castello normanno di Aidone, visti da ovest: si può notare la curvatura della volta.



Fig. 8

Vista dall'alto dei resti del castello normanno di Aidone. 1) Baluardo nord; 2) Garitta o torretta ovest; 3) probabile torre a base quadrangolare; 4) Muro di cinta a est; 5) Resti della volta della sala d'armi.

Fig. 9

Nella parte in alto dell'immagine: resti del castello di Aidone nella pianta del Catasto Borbonico (1847-1851)



Fig. 10

Aidone. Arco denominato "della villa", probabile porta d'ingresso all'antica cittadella medievale, visto da via Vittorio Emanuele




Note

[1] Nicosia Ivan, La Catania destrutta di Domenico Guglielmini, Barrafranca, Bonfirraro Editore, 2018 pag. 99;

[2] Caruso Enrico, Nobili Alessandra , a cura di, Le mappe del catasto borbonico di Sicilia. Territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena (1837-1853), Palermo, Regione Siciliana, Assessorato dei beni culturali e ambientali e della pubblica istruzione, 2001, pag. 491;

[3] Buonfiglio Costanzo Giuseppe, Historia Siciliana divisa in XX Lib. Et Due Parti. Nella quale si contiene la descrittione antica, & moderna di Sicilia, la guerre, & altri fatti notabili dalla sua origine per sino alla morte del Catolico Re Don Filippo II, Venezia, Bonifacio Ciera, 1604 pag. 315. Sarebbe interessante tracciare in modo scientifico la cinta muraria che circondava la cittadina di Aidone. Si noti, ad ogni buon conto, che lo storico per "Castello" intende la cittadella fortificata, cioè cinta da mura, e per "Rocca" intende il castello normanno;

[4]  Gli aidonesi chiamano il portale in questione: "arco della villa";

[5] Caruso Enrico, San Lorenzo in Aidone: una Chiesa Madre di Sicilia dal Medioevo all'età Moderna e il suo tesoro, Palermo, Regione Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità siciliana, 2012 pag. 38. Ulteriore indizio, ai fini dell'individuazione della porta d'ingesso alla cittadella, potrebbe essere offerto dal fatto che la stradina posta a destra dell'arco della villa è denominata "Via Laporta". Semplice coincidenza con un cognome di un ipotetico personaggio di spicco cui offrire un omaggio toponomastico? Chi sarebbe, dunque, il signor (o la famiglia) Laporta? Domande lecite, risposte da attendere...

[6] Si legga, in merito, l'articolo di blog al seguente link: https://ereiennesi.altervista.org/aidone-feudo-dei-rosso-daltavilla-tra-storia-e-monumenti-a-cura-di-alessandra-mirabella/


Ringraziamenti

Si ringrazia l'amico Angelo Antonio Faraci per avermi offerto la possibilità di consultare il volume sulla Catania distrutta e la Presidente della Pro Loco di Aidone, prof.ssa Carmen Di Grazia, per avermi fornito il volume monografico scritto dall'architetto Caruso e per avermi incoraggiato a scrivere questo articolo. Un particolare ringraziamento va alla prof.ssa Alessandra Mirabella per i preziosi suggerimenti. Infine, ringrazio mio fratello Paolo per avermi fornito il testo dello storico Buonfiglio Costanzo.


Autore: Filippo Salvaggio

Commenti

  1. Salve, mi complimento per questo articolo. Sono una studiosa delle "cose" aidonesi, lei con questi estratti ci ha dato veramente una bel contributo. Vorrei postarlo sul mio blog dove mi occupo di cose aidonesi, dico "cose£ perchè c'è di tutto e di più. Il mio scopo è solo il piacere di divulgare presso i miei compaesani le mie conoscenze come potrà vedere, se vuole.
    Cordialmente Franca Ciantia
    http://francaciantia.altervista.org/

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    1. Salve, grazie. Sì, può divulgarlo tranquillamente. Do subito un'occhiata al suo blog.

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    2. Ho visto il suo blog. Faccia pure, per me è un onore oltre che un piacere

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