I cippi di confine di monte Navone e dintorni
Durante una delle escursioni, volte a ricercare l'antico Itinerarium Antonini, abbiamo ritrovato dei cippi in pietra arenaria, in dialetto barrese "merchi" oppure "finajti", che presentano delle lettere alfabetiche scolpite. La prima contrada, in cui ve ne sono ben tre, è la costa e minnuli (costa delle mandorle), che si trova nei pressi del Brahemi e del mulino Salemi-Scorciavecchja. I tre cippi (1a, 1b, 1c) riportano sulla superficie esposta a nord le lettere "AV" e su quella a sud "BB" (vd. foto dalla n. 1 alla n. 8). La merca 1c è stata estirpata e, per vedere il lato opposto, occorre girarla (al momento non ci è stato possibile). Le tre merchi si trovano a margine di una strada lastricata e nei pressi del primo cippo vi è un lastrone (vd. foto 9 e 10) in pietra arenaria che presenta dei graffiti geometrici particolari: un frazionamento? Un altro lastrone con dei graffiti simili (vd. foto 11 e 12) si trova sulla costa di monte Navone vicino a un altro cippo avente le seguenti lettere graffite: lato ovest "BBB", lato est "DAB" non precisamente leggibile (vd. foto dalla n. 13 alla n. 16). La lettera "D" di questa merca potrebbe essere collegata con la parola "demanio"? Un altro cippo di confine si trova nei pressi dell'incrocio ai piedi del monte Schinoso tra la SP 169 e la strada che scende da sud est di Barrafranca attraversando con un lungo rettifilo il Brahemi (vd. foto 17, 18, 19, 20). Il lato est ci sono le lettere "BB" (la seconda "B" non si legge molto bene); sul lato ovest ci sono probabilmente le lettere "AV": anch'esse sono poco leggibili. Un altro cippo si trova in contrada Ciappa di Carini, nei pressi della chiesa e del monastero normanno di Santa Lucia. In questo cippo si possono scorgere sulla facciata ovest le lettere "AV" e su quella est le lettere "BB" (vd. foto 21a, 21b, 21c). Un altro cippo si trova in cima al monte Ciappa; su questo vi sono scolpite le stesse lettere allo stesso modo (vd. foto 22a e 22b). Infine, troviamo un cippo in cima a monte Navone. Sulla facciata a est si possono ancora leggere due linee che forse formano una lettera "A" o una lettera "H"; sulla facciata a ovest si può leggere una lettera "B" oppure un numero 8.
Tutti i cippi sono in pietra arenaria, hanno una forma e una grandezza (altezza 1,5 m; larghezza 0,5 m; profondità 0, 3 m) pressoché simile. A guardarli dall'alto, i cippi formano un rombo con diagonale maggiore lunga 7 chilometri e diagonale minore lunga 3 chilometri circa (vd. foto 24). In base a come sono allineati i cippi, si può comprendere per sommi capi come l'are interna del rombo sia denominata e contraddistinta con le lettere "BB". La superficie esterna al rombo è, in generale, contrassegnata con le lettere "AV". Chi era il proprietario della superficie interna? Le lettere "BB" a quale cognome o a quale ente si riferivano? La stessa domanda sorge per la superficie esterna: a chi o a cosa si riferivano le lettere "AV"? L'altitudine è varia, per cui non è da supporre che le pietre siano utili per segnarla. Le lettere non sembrano nemmeno riferirsi a dei punti geodetici utili per la cartografia.
Non è facile stabilire la data di questi reperti che sono da considerare a tutti gli effetti dei beni monumentali pubblici, ma si può intuire che delimitino un demanio o, comunque, una proprietà. Il concetto di demanio potrebbe essere più indicato, in quanto all'interno dell'area che delimitano esiste un contrada che tutt'oggi è chiamata "Dumanii" ossia demanio (vd. foto 25). Quest'ultimo è costituito da quelle proprietà che appartengono allo Stato o agli enti pubblici o ai cives, soggetti a particolari vincoli perché servono a soddisfare bisogni collettivi. Nel Meridione d’Italia il feudo, portato dai re normanni e successivamente dagli svevi, era giurisdizionale e il feudatario aveva solo la jurisdictio (e i poteri pubblici), e l’uti frui, non il dominio del bene (che restava al re). Il signore poteva, quindi, concedere alla popolazione il solo uso dei fondi per la coltivazione e l’utilizzo dei prodotti per le normali esigenze di vita, ottenendo in corrispettivo una quota dei prodotti del fondo (decima, quinta, etc.). Rimanevano sempre salvi i diritti originari dei cives (c.d. riserva degli usi civici), per cui c'erano delle zone demaniali da poter liberamente sfruttare per la sopravvivenza. Il feudalesimo, in Sicilia è sopravvissuto fino all'Ottocento. Se si studiasse con i mezzi scientifici i cippi e se ne scoprisse l'origine romana, si potrebbe pensare che le lettere si riferiscano al patronimico dei latifondisti: è tutto da studiare. Al momento, comunque, non dato sapere se esistono altri cippi simili nel territorio: se ne potrebbero trovare ancora. Rimangono anche dei misteri: come mai a costa delle mandorle ci sono tre cippi e a cosa servivano le vicine pietre con graffiti geometrici? Inoltre a cosa si riferivano le lettere? "BB" vorrebbe dire "Borbone"? La "A" di "AV" si riferirebbe a un latifondista romano?
Ad ogni buon conto si auspica che le Istituzioni preposte si occupino del recupero, dello studio e della valorizzazione di questi cippi, il cui valore è inestimabile.
Fig. 19































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